Le maschere di Carnevale tra arte, storia e tradizione italiana
Abbiamo pensato di offrirvi una veloce carrellata di mascherine di Carnevale fra le più note, patrimonio della tradizione centenaria del nostro Paese.
Nonostante la Commedia dell’Arte e il Teatro dei Burattini – di cui le maschere sono state fiere protagoniste – non siano granché noti alle nuove generazioni, genitori e nonni possono qui trovare dolci ricordi, nonché spunti per raccontare ai loro piccoli qualcosa di nuovo e – nello stesso tempo – antico.
Il giovedì grasso, si dà avvio alla festa del Carnevale.
Le maschere nella tradizione italiana
L’Italia ha una grande ricchezza di maschere regionali di Carnevale, nate dal teatro dei burattini e assunti a simbolo dei festeggiamenti carnevaleschi delle varie città.
PULCINELLA
Buffo e un po’ sgraziato, Pulcinella è forse la maschera italiana più anziana. Se ne ha memoria sin dai tempi degli antichi Romani, anche se diventa protagonista della sua scena intorno al ‘500 con la Commedia dell’Arte.
Per nulla agile, lo troviamo a coprire i ruoli più disparati, dal servo al padrone, a volte popolano a volte borghese. Incarna vizi e virtù del napoletano medio, nonostante sia a buon diritto conosciuto in tutta Europa.
A dirla tutta, Pulcinella ha dei fedeli omologhi anche in altre nazioni, cioè personaggi della tradizione teatrale con le sue medesime caratteristiche. Ha la gobba, il naso adunco e l’immancabile mascherina nera sul volto.
Si muove con lentezza, forse per non far scorgere la sua goffaggine, e parla sempre molto poco.
Quando, però, getta una sentenza, questa giunge come una vera staffilata.
Mordente e sornione, quindi, nel Teatro dei Burattini tiene con sé una clava con cui letteralmente bastona i suoi avversari.
DOTTOR BALANZONE
Il Dottor Balanzone è figlio della dotta Bologna. Partecipe anch’egli della cultura italiana sin dalla Commedia dell’Arte, ha moltissime qualità e altrettanti vizi: parla svariate lingue fra cui il latino; cura mali incurabili; sa – o pensa di sapere – tutto di tutto. Però è anche un gran chiacchierone, a tratti un po’ sboccato e volgare, senza dubbio è un gran mangione. La sua panciona, infatti, non lascia dubbi sulla sua grande passione per tortelli e tortellini.Quando non trascende, è il classico personaggio serio e molto erudito, di quelli che amano far sfoggio di lunghi e complicati discorsi infarciti di paroloni incomprensibili al popolo. Vanta di continuo titoli e competenze altisonanti, facendo sì che – in ogni storia – le altre maschere pendano dalle sue labbra, nonostante spesso risulti abbastanza noioso. Usa vestire come i professori di Bologna, con toga nera dal colletto e polsini bianchi, giubba, mantello e un cappellone.
RUGANTINO
Rugantino è una maschera romana. Le sue antiche origini arrivano fino al soldato fanfarone di Plauto, un militare spaccone e borioso. Ha il gusto della polemica e un fare decisamente truffaldino, il nostro. La “ruganza” (arroganza, in romanesco) dà vita al suo nome, e non è certo un caso. Da militare arrogante a capo dei briganti il passo è molto breve, proprio perché Rugantino ha modi da vero bullo. Si dice, però, che sia dal cuore buono e dolce, a differenza di quanto possa sembrare. Nonostante lo si possa anche trovare con abbigliamento da guappo popolano con tanto di spadini alla cinta e fazzoletto al collo, il suo costume più tipico è quello del soldato settecentesco: cappello a due punte, panciotto e calzoni corti (tutto in rosso) e calze lunghe a righe bianche e rosse.
BRIGHELLA
Brighella è una scoppiettante maschera bergamasca. Amico – e antagonista – di Arlecchino, è un servo sempre amato e benvoluto dai padroni. Tutti sono fermamente convinti della bontà di Brighella, lasciando che si occupi di qualsiasi situazione e intrigo da sciogliere. Effettivamente, Brighella è pronto, scattante e servizievole, ma non sempre è in buonafede; infatti briga (da qui, il suo nome) per avere un proprio vantaggio in ogni cosa. Brighella ha modi eleganti e raffinati, un parlare educato e misurato, nulla a che vedere con l’idea di servo rozzo e ignorantello. Inoltre, possiede l’arte della musica: canta, suona e balla come pochi. Proprio per questo, spesso e raffigurato con una chitarra fra le mani, ma sempre con elegante vestito bianco ricco di intarsi verdi.
ARLECCHINO
Arlecchino nasce a Bergamo, ma ha omologhi in tutta Europa. Debutta intorno al ‘500, e da allora è sempre rimasto nel cuore degli Italiani, grandi e piccini. Di umili origini, deve il suo costume coloratissimo alla madre: pur di vestirlo, la povera donna cuce insieme svariati ritagli di stoffe con colori diversi. In alcune storie, è il suo padrone a donargli degli scampoli affinché ne faccia un abito. Arlecchino è buffo, furbetto e ignorantello, ma con un cuore buono e generoso. Ha sempre fame, povero, quindi cerca di arraffare quante più cibarie può, senza però truffare il prossimo. C’è chi lo vuole goffo e maldestro, chi invece lo descrive dinoccolato ma agile. Tutti concordano, però, sulla sua strepitosa e contagiosa allegria. Lo troviamo spesso in coppia con Brighella a combinarne di cotte e di crude.
COLOMBINA
Colombina è l’eterna innamorata di Arlecchino, a volte fidanzata a volte sposa, nonostante sia di Venezia. Servetta scaltra, è una figura molto cara alla Commedia dell’Arte e a Goldoni. Colombina è molto bella, furba e intelligente. Con Arlecchino ha in comune l’incontenibile allegria e la voglia di vivere. È la migliore confidente della sua padrona, anche perché trova un certo gusto negli intrighi e nei pettegolezzi. A volte ruffiana con gli uomini, si mantiene però fedele al suo innamorato che, dal canto suo, soffre di grandi gelosie per la sua bella. È vezzosa e impertinente, nonché raffinata nei modi e nel vestire anche quando indossa il grembiule da serva.
ROSAURA
Rosaura è veneziana come Colombina, infatti le si trova spesso insieme, però è una padroncina e non una servetta. Figlia di Pantalone, ama parlare dei suoi affari di cuore con Colombina che si rivela sempre pronta a darle mille consigli. È una damina sempre innamorata del cavaliere di turno, quindi è tutta tenerezza e sospiri. Rosaura , contrariamente alla maggior parte delle maschere della Commedia dell’Arte e del Teatro dei Burattini, è sempre a viso scoperto, incorniciato da una morbida chioma bionda. Veste sempre elegantissima – di solito, nei toni del blu – e ha spesso con sé accessori da signora, quali borsette, cappellini, gioielli e ventagli. È una ragazza molto garbata e compita nei modi, ma questo non le impedisce certo di essere determinata e sicura si sé.
PANTALONE
Pantalone, padre di Rosaura e tradizionale padrone di Arlecchino e Colombina, nasce a Venezia come mercante tirchio, irascibile ed eccessivamente incline alla molestia nei confronti delle donne che lo circondano. Che fossero serve o dame, poco importava: Pantalone tentava di insidiare tutte con fare lascivo e fastidioso. fu Goldoni a riscattarlo da questo ruolo ingrato: gli tolse la maschera e lo rese più accorto e saggio. Da nemico dei giovani e del gentil sesso, quindi, Pantalone diventa un mercante un po’brontolone, ma in fondo bonario. Ha il naso adunco, una barbetta a pizzo, e indossa di solito casacca e calzoni rossi, con un cappuccio e babbucce a punta rialzata.
GIANDUIA
Gianduia è la maschera piemontese per antonomasia. Nasce ad Asti, ma diventa presto principe del carnevale torinese. Il suo nome si affianca a quelli di Balanzone, di Pantalone etc etc già dal ‘500. Il suo nome deriva da Gioann dla doja che vuol dire “Giovanni del boccale”. Ha un cuore buono e generoso e modi un po’ rozzi. Gianduia è un contadino, quindi vive prevalentemente in campagna, ma non disdegna le raffinatezze della città, soprattutto in fatto di cibo e vino. Con il passare del tempo, Gianduia aspira a diventare un signore, infatti la maschera si completa con un elegante codino, abiti di buona fattura, e i modi passano da rozzi ad eleganti e misurati. Sempre disposto ad aiutare gli altri, Gianduia è poco incline alle discussioni in cui, anzi, si mostra spesso da paciere. Ha una moglie affezionatissima, Giacometta.
PEPPE NAPPA
Concludiamo il nostro veloce viaggio fra alcune maschere della tradizione italiana approdando in Sicilia, sempre ai tempi della Commedia dell’Arte. qui troviamo Peppe Nappa che, a differenza dei suoi colleghi di ventura, ha rischiato di finire nel dimenticatoio sia nazionale che regionale. Per fortuna, il Carnevale di Sciacca (Ag) lo ha voluto – a partire dagli anni 50 del secolo scorso – come maschera ufficiale della manifestazione, ridandogli così il meritato rilievo e vigore. Peppe Nappa è insaziabilmente goloso, infatti lo si vede spesso aggirarsi per le cucine con la speranza di arraffare qualcosa da mangiare. Sensibile agli odori e ai sapori, quindi, ha l’atteggiamento di chi annusa l’aria per scovare leccornie nascoste. È un gran pigrone, ma può trasformarsi come niente in un abile giocoliere e saltimbanco. Indossa casacca e calzoni di color azzurro, molto ampi e comodi. In testa, un cappello di feltro, di solito bianco. Nel nome porta la sua povertà, infatti “nappa” vuol dire toppa, quindi il nostro ha i calzoni rattoppati, un po’ come Arlecchino.