Chi fu il padre degli Uomini, Zeus o Prometeo? Eh, difficile a dirsi, in realtà. I miti, su questo tema, spesso si confondono e ci confondono le idee.
Chissà, forse perché – nei secoli – una volta prevaleva l’una, una volta l’altra versione.
Di Zeus – quello dalla saetta facile, ricordate? – è indiscusso il suo regno a capo di tutti gli Dei, con residenza sulla cima del monte Olimpo. E Prometeo? Chi è, da dove sbuca fuori? Ce lo siamo ritrovati nel racconto di Deucalione e Pirra e in quello del Vaso di Pandora, quindi è arrivato il momento di capire meglio chi sia questo strano personaggio.
Prometeo è un cugino di Zeus, perché i loro padri sono fratelli. Hanno i nonni in comune, per intenderci, gli antichissimi Urano (Cielo) e Gea (Terra). Il padre di Prometeo è Giapeto, un titano; la madre è Climene, figlia di Oceano che, comunque, è fratello di Giapeto. Vi siete confusi, eh?! Ma no, dai, è facile!
Quindi, Prometeo è un dio esattamente come Zeus, quello che poi diventerà il Re di tutti gli Dei, però il Nostro ha una spiccata simpatia per il genere umano, a differenza delle altre divinità. Una delle molte leggende narra che fu proprio Prometeo, da un pezzo di fango, a plasmare la stirpe umana. Vorrei attirare la vostra attenzione su questo particolare per mettere in evidenza quanto siano simili le storie riguardo la nascita dell’Uomo: anche nella Bibbia Adamo fu plasmato dal fango. D’altronde, anche nella Bibbia si parla di un diluvio universale…
Ma torniamo a Prometeo. Plasma, si dice, l’Uomo e si impegna a proteggerlo e ad accudirlo sempre, costi quel che costi. E il prezzo che spesso paga è altissimo, perché Zeus ha sempre un buon motivo per prendersela con gli uomini birichini e con chi li difende a spada tratta. Gli uomini non erano molto diversi da quelli di oggi, eh! Capricciosi, ogni tanto pure malvagi, arroganti e presuntuosi, indisponevano Zeus, che aveva un gran daffare a tenere tutto sotto controllo. Quindi, per riportare l’ordine, ZAC! saetta e punizione, e l’ordine era salvo per una manciata di secoli.
Il plasmatore degli uomini, però, non si arrendeva mai e coccolava i suoi figli ogni volta che era possibile. In primis, quando li formò dal fango, non dimenticò di aggiungere una scintilla di fuoco divino, giusto per rendere l’Uomo ben di più di un insieme di carne, sangue e ossa: gli diede un’anima, insomma. Poi, si mise a inventare cose sempre più nuove e sorprendenti, e le regalava ai suoi figli. Prometeo inventò l’arte dell’addomesticare gli animali, l’architettura, la metallurgia e la medicina. Inventò anche la scrittura; di tutto ciò faceva continuo regalo agli uomini che, quindi, diventavano sempre più completi. L’autonomia del genere umano, però, comportava anche un pizzico di arroganza: a che serviva pregare gli Dei se gli uomini erano quasi potenti come loro?
No, non andava certo bene, sull’Olimpo non erano d’accordo. Immaginate, quindi, che confusione, di tanto in tanto: gli Dei a lamentarsi, Zeus a punire e Prometeo a difendere.
Una volta, addirittura, fu Zeus in persona ad esser preso in giro come uno sprovveduto! Durante un convegno di uomini e divinità, Prometeo prese un grosso bue, lo squartò e creò due mucchi ben separati con i resti dell’animale. Da una parte, mise le ossa e le coprì di succulento grasso, dall’altra parte nascose sotto la pelle le carni migliori. Poi disse a Zeus:«Padre, siccome sei il più importante di tutti, tocca a te scegliere per primo! Quale mucchio vuoi?»
Zeus, tutto preso d’orgoglio, pensando di fare una gran furbata e di fregare gli uomini, scelse il mucchio più bello, grasso, ricco e appariscente. Non vi dico il putiferio, quando si rese conto della figura di allocco che aveva appena fatto! Tolto il grasso, infatti, il bottino era composto da misere e asciutte ossa, nulla a che vedere con le carni tenere e buonissime che aveva lasciato – involontariamente – agli uomini. E fin qui, quasi nessun problema. L’affronto fu duro da sostenere quando gli uomini e Prometeo, giustamente, ridacchiarono dell’ingenuità di Zeus.
Il Re dell’Olimpo, per tutta risposta, tolse il fuoco agli umani. Ride bene chi ride ultimo, avrà pensato, perché certo senza fuoco la vita sarebbe stata impossibile. Prometeo, a questo giro, fu perdonato, infatti per lui non fu prevista nessuna punizione. Ma lui, no, non volle starsene con le mani in mano e, sempre dalla parte degli Uomini, commise un vero e proprio furto. Si recò, quatto quatto, nella fucina di Efesto e, in un momento di distrazione del dio del fuoco, rubò una scintilla e la donò agli uomini affinché continuassero a scaldarsi, cucinare, illuminare le notti senza luna…
Stavolta non l’avrebbe passata liscia. Agli uomini, Pandora e il suo vaso; a Prometeo spettò una punizione che, onestamente, prevede uno smodato impiego di fantasia e cattiveria.
Zeus ordinò che il cugino Prometeo venisse incatenato ad una roccia, nella spoglia e montuosa regione della Scizia. Oceano, nonno materno di Prometeo, si precipitò in difesa del nipote, ma Zeus fu intransigente: la punizione doveva compiersi e nel modo più crudele possibile. Mandò un’aquila, quindi, che ogni santo giorno avrebbe divorato il fegato a povero prigioniero. Perché il dolore fosse perpetuo, il fegato si riformava subito dopo, e l’aquila tornava ancora, ancora e ancora. Solo molto tempo dopo, Eracle, che si trovava a passare di lì per puro caso, riuscì a liberare Prometeo da quell’orribile supplizio.
Prometeo aveva anche raffinate doti da indovino, infatti Zeus non se la prese più di tanto per la sua liberazione perché, nel frattempo e dopo infinite insistenze, era riuscito a sapere dal cugino un segreto importantissimo che riguardava la sua discendenza. Insomma, secoli e secoli di lotta si risolsero in una sorta di accordo di pace: Prometeo rivela a Zeus di prestare molta attenzione a non generare figli con Teti (ché sennò avrebbe rischiato il trono ad opera proprio di un fanciullo) e Zeus assicura a Prometeo l’immortalità che, in un primo momento, non gli spettava.
Da allora e per sempre, quindi, Zeus e Prometeo simboleggiano rispettivamente l’autorità religiosa e l’autorità della ragione, sempre in perenne disaccordo. La ragione, prerogativa dell’uomo, tende ad affrancarsi dal divino proprio perché, in virtù delle grandiose capacità umane, si concretizza nelle innovazioni scientifiche e nel progresso.