Apollo e Dafne, avete mai sentito parlare della loro storia?
Una volta, mentre passeggiava annoiato per le vie dell’Olimpo, Apollo incontrò Eros, il piccolo dio dell’amore.
Un po’ per noia, appunto, un po’ per gioco, cominciò a canzonarlo: «Ehi, tu, piccoletto! Ma non ti annoi a star sempre lì, con arco e frecce, sperando di far nascere l’amore fra la gente?»
Eros, che se ne stava sdraiato su una roccia, fece finta di non sentire.
Apollo continuò: «Prendi me, per esempio: sono bello come il sole. Anzi, sono il Sole in persona! Le dee mi adorano, le mortali mi venerano. E gli uomini… Ah, gli uomini! Vorrebbero essere tutti intriganti e intelligenti quanto me. E poi, proteggo le arti più nobili, la poesia per esempio!»
Eros, sbadigliando, estrasse una freccia dalla faretra e cominciò a giocherellarci, così, senza badare alle provocazioni del dio del sole. Glielo aveva detto, sua mamma Afrodite, che Apollo ogni tanto era arrogante e presuntuoso: lasciarlo perdere era l’unico modo per farlo smettere in breve tempo.
Apollo deride Eros
Apollo, però, infastidito da quella indifferenza, rincarò la dose: «Che ci sarà, poi, di così speciale a render tutti fragili e innamorati? Francamente credo sia un potere piuttosto sciocco. D’altronde, solo quel potere poteva esser di tua competenza… » Non fece in tempo a finire la frase, che si ritrovò il musetto del giovane dio a stretto contatto con la sua faccia. C’era da immaginarselo: capriccioso e permaloso come pochi, Eros era stato fin troppo paziente. Seppur piccoletto e paffuto, il dio dell’amore era facile agli scoppi d’ira e anche quella volta, dopo una prima apparente calma, disse: «Senti, Apollo, sarai pur il dio del sole, il più bello dei figli di Zeus, il più bravo a suonare e a cantare… Sarai tutto quello che vuoi, ma ti consiglio di non provocarmi perché potresti sul serio pentirtene».
Apollo scoppiò a ridere, diede un buffetto sulla guancia al piccolo e se ne andò via senza aggiungere altro, lasciando però che la sua risata si sentisse ben oltre il suo allontanamento.
Che cosa accadde tra Apollo e Dafne
Eros diventò bordeaux per la rabbia, e le guance sembravano quasi per scoppiargli. Come aveva osato, quell’insolente? Va bene, va bene, lui è il dio bello bla bla bla, ma senza amore come si può? Cos’è la vita, senza che l’amore la colori di felicità? L’amore è la vita stessa, ché persino un amore infelice fa battere forte il cuore, fa pulsare il sangue nelle vene, fa Vivere, insomma! Questi, i pensieri del nanerottolo, mentre camminava su e giù per il boschetto, con le braccine dietro la schiena e la faretra che gli ballonzolava attaccata alle spalle; Eros sbuffava e meditava, meditava e gesticolava, gesticolava e pensava: in pratica, cercava il modo più cattivo per far pentire Apollo di quella sua infelice presa in giro.
All’improvviso, ebbe un’idea geniale e si mise subito all’opera. Costruì due frecce, entrambe potentissime e prive di antidoto. La prima era d’oro, lucente e bellissima, con la punta aguzza e intrisa di puro e irrefrenabile amore. La vittima di questa freccia sarebbe caduta preda della prima persona di cui avrebbe incrociato lo sguardo subito dopo il colpo, e l’avrebbe amata per sempre. L’altra freccia, invece, aveva la punta opaca, di ferro arrugginito, brutta a vedersi e anche nelle intenzioni: il cuore colpito da quella freccia avrebbe provato fortissima repulsione per il primo essere che gli si sarebbe parato davanti. Ridacchiò, Eros, finito il suo lavoro perché la sua raffinata e potente vendetta presto avrebbe avuto compimento.
Eros si vendica
Eros andò presso una fonte cara ad Apollo e, sicuro di incontrarlo lì, si nascose bene fra i cespugli e aspettò.
Passava di là per caso – tutta assorta nei suoi pensieri – la bella Dafne, ninfa dei boschi, figlia di Peneo e di Gea, laMadre Terra. Era una fanciulla affascinante, forte e libera come la dea Artemide, sicura di sé e per nulla sensibile ai corteggiamenti amorosi. In molti avevano provato a conquistarla, ma lei rifiutava sempre con eleganza e trascorreva serena la sua vita dedicandosi alle sue passioni: la caccia e le passeggiate fra i sentieri alberati. Si racconta che uno dei suoi corteggiatori più coraggiosi, Leucippo, arrivò a travestirsi da donna pur di avvicinarla, ma niente, lei non dava possibilità a nessuno.
Quando Eros la vide arrivare, si pose il caso che anche Apollo stava per giungere dalla parte opposta: quale migliore occasione per mettere a segno il piano? Eros scoccò la freccia d’oro dritta in petto ad Apollo e velocissimo, mentre quest’ultimo incrociava lo sguardo di Dafne e se ne innamorava perdutamente, colpì con la freccia di ferro il cuore della ninfa. Amore folle e grande repulsione, quindi, si accesero quasi all’unisono compiendo la vendetta del dispettoso dio dell’amore.
Amore e odio
Apollo si avvicinò a Dafne e le disse: «Luce dei miei occhi, sono innamorato di te… », ma la ragazza, inorridita e ammutolita, si girò di scatto e cominciò a correre veloce fra la vegetazione: era tale e tanto il disgusto che sentiva per quella situazione che non sentiva nemmeno il dolore dei graffi causati dagli arbusti. Con le vesti strappate e il cuore in gola, Dafne scappava veloce, e Apollo dietro a rincorrerla. Era sicuro, il dio, che l’avrebbe raggiunta e convinta ad amarlo. Pensava, lui.
Dafne non rallentava la corsa, anche se la stanchezza cominciava a fiaccarle le gambe. Temeva il momento in cui, presa dallo sfinimento, si sarebbe dovuta fermare. Allora si mise a pregare intensamente, come non aveva fatto mai: «Gea, madre mia, ti supplico di aiutarmi. Non ti ho mai chiesto nulla per me, però adesso devi ascoltarmi: un dio mi vuole per sé, ma io sento forte nel cuore una grande repulsione. Ascoltami, tramutami in qualcosa che possa tenerlo lontano da me per sempre.»
A quella disperata preghiera, Gea rivolse la sua attenzione alla figlia e, vedendola in grossa difficoltà, decise di soccorrerla tramutandola in una bella e profumatissima pianta. I piedi della ragazza diventarono subito radici, il suo corpo cominciò ad assumere consistenza e colore legnosi e i suoi riccioli mutavano in teneri germogli: stava cambiando il suo aspetto di fanciulla in un Alloro.
Dafne diventa un albero
Proprio mentre Dafne metteva radici, quindi era ferma, Apollo la raggiunse, ma si accorse subito che stava per perderla irrimediabilmente. In un ultimo slancio d’amore, si aggrappò a lei e le diede un unico dolcissimo bacio, appena un attimo prima che anche il volto sparisse dentro il magnifico arbusto di Alloro. Il dio, distrutto dall’amore spezzato, rimase abbracciato a lei per un tempo lunghissimo, piangendo dolorose lacrime. Solo in quel momento si rese conto di averla amata sul serio dal primo istante, non certo per capriccio.
Quando si decise a distaccarsi, mentre Eros festeggiava la sua vittoria ché aveva appena dimostrato ad Apollo che l’amore era un sentimento importantissimo, il dio del sole benedisse l’Alloro, lo proclamò pianta sacra a lui dedicata e fece correre voce fra gli uomini e gli Dei di usare quella pianta per intrecciare corone per grandi traguardi.
Il mito e la sua lezione
Da quel momento in poi, infatti, il Lauro (o Alloro) è il simbolo dei grandi poeti, delle menti eccellenti e, non ultimi, dei giovani laureati con il massimo dei voti.
E la lezione di Eros valga per tutti: puoi sentirti bell’Apollo quanto vuoi, ma se Eros decide che è arrivata la tua ora, sta’ pur certo che difficilmente ne puoi sfuggire. L’amore ha un’unica regola: l’assenza di regole. Non c’è potenza umana o divina che riesca a capirne i misteri, ché l’amore è capriccioso, dispettoso e imprevedibile. Tanto vale rassegnarvisi e, al massimo, arginare – come si può – le conseguenze.
Mi è piaciuta ed è stata molto bella